Non è importante interrogarsi sul futuro del pianeta in sé, quanto su quello dell’uomo in relazione ai suoi interventi sul pianeta stesso. È la lezione che scaturisce dalla conferenza I venti dell’Area protetta. La ricerca e le strategie di tutela, tenutasi stamattina alla Pessima, con l’organizzazione del Comune di Manduria nello specifico dell’ente delle Riserve Naturali Orientate del Litorale Tarantino Orientale.
All’incontro di divulgazione scientifica hanno assistito alcune classi rispettivamente dell’indirizzo scientifico afferente al liceo De Santis-Galilei e dell’indirizzo turistico-sportivo appartenente all’IISS Einaudi di Manduria, che hanno appreso dagli studiosi impegnati sul campo lo stato dell’arte del monitoraggio scientifico in corso nei siti marini e terrestri dell’area protetta che insiste sul litorale manduriano.
«Il funzionamento del mare è alla base del 90% del funzionamento del pianeta», ha spiegato Antonio Terlizzi, il primo a intervenire alla conferenza, in qualità di direttore della stazione zoologica “Anton Dohrn” che sta conducendo gli studi proprio nelle riserve di Manduria. Preservare il mare è il primo passo da fare per la tutela dell’ambiente. «Quando si parla del nostro futuro – ha continuato Terlizzi, parlando ai ragazzi – si parla di un futuro prossimo. Non riguarderà voi, ma se non cominciamo adesso sicuramente ci saranno problemi drammatici per i vostri nipoti». Poi un monito ancora incentrato sul mare. «Noi dobbiamo conoscerlo e dobbiamo conoscere quello che c’è sotto, la biodiversità che c’è nei fondali che è importante anche per il futuro delle attività economiche come la pesca. Se continuiamo così, nel 2060 il peso della plastica sott’acqua sarà superiore al peso dei pesci e se continuiamo a pescare così nel 2050, dopodomani, quando sarete grandi, non ci sarà più pesce sfruttabile in forma commerciale».
Dopo Terlizzi, Chiara Silvestrini dell’università Federico II di Napoli si è soffermata sullo studio delle praterie di posidonia che vegetano nei fondali dell’area protetta manduriana, ad oggi giudicati di densità normale e in equilibrio. «La posidonia – ha sottolineato – è importante per la creazione di ossigeno, ma anche per prevenire l’erosione. A questo proposito, pensate alle cosiddette banquette, gli accumuli di foglie e rizomi ammassati sulle spiagge: non andrebbero rimosse proprio perché limitano l’erosione».
Di metodo fito-sociologico ha parlato invece Piero Medagli, presidente di Ofride srl, una delle società impegnate nel monitoraggio degli habitat terrestri delle riserve manduriane. Tale metodo osserva in particolare le associazioni di coesistenza tra specie vegetali diverse, in relazione a dati scientifici correlati. Proprio a questo proposito, Medagli ha ricordato che tra Torre Colimena e Campomarino prospera una vegetazione unica in Italia che vede l’accoppiata tra timo arbustivo e loto timeto. Un’unicità che diventa addirittura assoluta quando si parla della Ophrys japigiae, una nuova specie di orchidea unica al mondo, comparsa e classificata proprio nell’habitat della Salina dei Monaci, sul litorale manduriano. «Quella zona – ha rimarcato Medagli proprio riferendosi alla salina – subisce una variazione della salinità nel corso dell’anno, in funzione dell’apporto idrico delle piogge. Di ciò risentono anche gli organismi che ci vivono e se la duna che la scherma dovesse venir meno e il mare dovesse superarla, praticamente quell’habitat diventerebbe un’insenatura marina e perderebbe tutta la sua specificità. Pertanto, i nostri monitoraggi servono anche a questo».
Degli animali dell’Area protetta ha parlato Patrizio Fontana, responsabile del Centro di recupero della fauna selvatica omeoterma afferente all’ente Riserve. Il veterinario ha ricordato l’osservazione condotta dal Centro anche in prevenzione del passaggio di malattie dagli animali all’uomo, come i monitoraggi sui pipistrelli per il coronavirus e sui corvi per la West Nile Disease. Nel suo intervento Fontana si è poi soffermato sulla presenza del lupo nell’area di Torre Colimena, dove si è ormai insediato e riprodotto, e sulle curiose caratteristiche del rondone, che trascorre il suo primo anno di vita interamente in volo, senza toccare suolo. Infine un riferimento al monitoraggio dei fenicotteri rosa, che nella Salina dei Monaci sono riuniti in una colonia. «Ricordo che ne abbiamo monitorato un esemplare – ha raccontato Fontana – che in poco tempo ha compiuto minimo 3500 km, andando in Spagna, passando poi per l’Africa del nord, tornando in Spagna, per poi volare in Sicilia».
Alla conferenza hanno partecipato anche il sindaco di Manduria, Gregorio Pecoraro, che ha ribadito l’importanza delle collaborazioni scientifiche rispetto alla tutela dell’ambiente, e l’assessora al Turismo del Comune di Manduria, Ileana Tedesco, che ha rilanciato la centralità del fare rete per la valorizzazione delle risorse ambientali e della formazione nello stesso ambito disciplinare, anche nella prospettiva di uno sfruttamento economico sostenibile delle risorse stesse.
Il direttore delle Riserve manduriane Alessandro Mariggiò, che ha moderato la conferenza, ha poi annunciato alla platea di aver avviato l’iter con cui il Comune di Manduria si candida a gestire la Zona Speciale di Conservazione di Torre Colimena, che allargherebbe enormemente l’attuale area di protezione e valorizzazione tanto che quest’ultima coinciderebbe a solo circa il 15% del totale.